La macchina principale ne "Il giro del mondo in 80 giorni" di J. Verne.
Nel libro “Il giro del
mondo in 80 giorni” di J. Verne del 1873 il concetto di macchina accompagna
i protagonisti per l’intera avventura.
Seppur macchine di tutti i tipi siano centrali nella storia,
ce ne sono 2 che hanno un ruolo predominante rispetto alle altre anche se
fanno riferimento a definizioni diverse di MACCHINA.
La prima che incontriamo fin dalle prime pagine del libro è
l’idea di macchina del gioco rappresentata dal gioco del “whist”: classico gioco di carte in voga nel diciottesimo e
diciannovesimo secolo.
La definizione a cui il whist fa riferimento è l’idea di
macchina come dispositivo che consumando una risorsa modifica lo stato di un
sistema. Infatti, tramite questo gioco il protagonista, il sig. Fogg, sedentario,
che non ha mai lasciato il suolo Britannico (“da molti anni egli non si era allontanato da Londra. Le persone che
avevano l’onore di conoscerlo più da vicino testimoniavano che nessuno poteva
pretendere di aver visto quel “gentleman” altrove che nella strada diritta ch’egli
percorreva ogni giorno per recarsi da casa al Club”, cap 1) ed estremamente
routinario (“Questi tre passeggeri
avevano per il “whist” la medesima passione di Mister Fogg, e giocavano per ore
intere, non meno silenziosamente di lui.”, cap. 9; “Suoi soli passatempi erano leggere i giornali e giocare al “whist””,
cap 1), si spinge in una
scommessa che gli farà spendere tutti i suoi risparmi e che gli cambierà
totalmente la vita: il giro del mondo in esattamente 80 giorni, “ossia in
millenovecentoventi ore, vale a dire in centoquindicimila e duecento
minuti”.
Alla fine del
racconto, sarà proprio grazie alla scommessa e quindi, indirettamente, grazie
al gioco del whist, che la vita di Fogg cambia ulteriormente: questa volta in
modo definitivo, in quanto grazie a questa avventura, trova moglie e felicità.
L’altra
macchina che troviamo in gran parte del racconto è intesa come macchina-robot.
A personificare questa figura è proprio il protagonista: il gentiluomo inglese
Phileas Fogg.
Come già
detto, il protagonista è un personaggio estremamente routinario, con la vita
organizzata in ogni secondo (“Teneva
un unico domestico, il quale sbrigava da solo tutto il servizio, dato che il signore
pranzava e cenava al Club, ad ore cronometricamente fisse, sempre nella
medesima sala, alla stessa tavola, senza la compagnia di colleghi, senza invitare
mai un estraneo. Rincasava soltanto per coricarsi, a mezzanotte in punto…”,
cap 1; “Su ventiquattr’ore ne passava dieci al suo domicilio,
ripartite fra il dormire e la cura della toeletta personale. Se
passeggiava, lo faceva invariabilmente al Club, sempre con passo eguale, nel
salone d’ingresso…”,
cap 1).
Non sono solo
le abitudini di Fogg a considerarlo uomo-macchina, ma soprattutto i suoi
atteggiamenti: è addirittura il suo servitore a definirlo in tal modo (“Un uomo casalingo e metodico: una vera
macchina. Ebbene, sissignori, sono felicissimo di servire una macchina!»”,
cap 2).
Per buona
parte dell’avventura, il Sig. Fogg rimane l’uomo-macchina, senza sentimenti e
sempre impassibile (“Si potrebbe credere che … egli si preoccupasse dei cambiamenti
di vento in grado di ostacolare la marcia della nave, dei movimenti disordinati
dei marosi che rischiavano di provocare un incidente alle macchine, si preoccupasse
insomma di tutte le possibili avarie che, obbligando il «Mongolia» a riparare in
qualche porto, avrebbero compromesso il suo viaggio. Niente affatto ... Era
sempre l’uomo impassibile…”, cap 9).
Ma è proprio
durante tutta l’avventura che il protagonista cambia: passa da essere un robot a essere un uomo con
dei sentimenti, in grado di modificare le proprie abitudini più ferree (“La cosa più singolare che avvenne quel
giorno fu che Phileas Fogg per la prima volta in vita sua, pur essendo presente
a Londra, non uscì di casa per recarsi al Club allo scoccare delle undici e
mezzo.”, cap 35).
Nonostante
avesse sempre sostenuto che la solitudine fosse la miglior cura, alla fine si
lascia andare dimostrando anche i suoi sentimenti verso la donna che ha salvato
dalla morte in India, fino ad accettarla in moglie (“Signor Fogg, - disse, - volete accettare al tempo stesso una parente ed
un’amica? Volete accettarmi per moglie? Un riflesso insolito splendeva ora
negli occhi di Phileas Fogg; c’era come un tremito nelle sue labbra mentre la
signora Auda lo guardava… Phileas Fogg chiuse un istante gli occhi come per
evitare che quello sguardo avanzasse di più nel suo cuore. Quando li riaprì, disse
semplicemente: Io vi amo. Sì, in verità, per quanto c’è di più sacro al mondo,
io vi amo! E sono il più felice degli uomini di poter congiungere il mio destino
con il vostro.”, cap. 35).
Ed è proprio da questa scena che si può vedere come il whist, la macchina del gioco, è riuscito a modificare completamente la vita di un uomo solitario, in una persona con dei sentimenti pur rimanendo una macchina: non più l’uomo-macchina, ma la macchina uomo!
Ed è proprio da questa scena che si può vedere come il whist, la macchina del gioco, è riuscito a modificare completamente la vita di un uomo solitario, in una persona con dei sentimenti pur rimanendo una macchina: non più l’uomo-macchina, ma la macchina uomo!